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Le prospettive della filiera della castanicoltura da legno, un workshop su presente e futuro

 

A cura di
Mirko Benanchi

Un tema di crescente dibattito come quello della gestione del patrimonio boschivo è sempre più nell’occhio del ciclone. Anche per questo gli organizzatori dell’evento “WORKSHOP FILIERA DELLA CASTANICOLTURA DA LEGNO – Presente E Prospettive”, che si è svolto ad Arezzo, hanno voluto radunare gli esperti del settore al fine di promuovere possibili soluzioni agli aspetti negativi della gestione selvicolturale applicata al castagno.

Lo splendido incontro, durato 2 giorni nell’accogliente sede del CREA di Arezzo, ha visto l’avvicendamento di 4 sessioni. La discussione, a volte anche accesa, ma sempre proficua e costumata, ha compreso all’interno di ciascuna seduta il susseguirsi di molti interventi, di diversi soggetti, ciascuno in rappresentanza di molteplici tipologie di portatori di interesse.

Il tavolo di dialogo fra proprietari, gestori, liberi professionisti, normatori, studiosi, ricercatori ed imprenditori, ponendo l’attenzione sulla filiera della castanicoltura da legno, ha creato un dibattito estremamente proficuo e costruttivo. Il confronto fra i diversi punti di vista è sfociato nell’inquadramento di numerosi aspetti critici, all’interno del complesso sistema multicriteriale considerato. Partendo infatti dalle esigenze ecologiche e fisiologiche della specie trattata, ognuno ha posto al centro della discussione le frequenti difficoltà, o se vogliamo inadeguatezze, che si ripercuotono con impatti estremamente negativi sulla gestione dei boschi di castagno per la produzione legnosa.

Alcune di queste tematiche sono ben note, ormai, e trasversali a tutto il mondo della selvicoltura. La carenza di manodopera, ad esempio, è uno dei principali aspetti venuto fuori dagli imprenditori boschivi che sempre più faticano a reperire, sia in numero che in qualità, personale adeguatamente formato. A questo enorme ostacolo si devono poi aggiungere le aspre esigenze di un mercato sempre più frenetico, in cui gli assortimenti legnosi richiesti cambiano molto repentinamente e non lasciano quasi mai spazio a possibili alternative o a stoccaggi di magazzino. Per non aggiungere poi i sempre maggiori costi di gestione imprenditoriali ed i bassi margini di profitto.

Un’altra criticità comune un po’ a tutta la selvicoltura che si ripercuote enormemente anche all’interno della filiera castagno è la forte concorrenza dai mercati esteri. Sempre più i materiali e gli assortimenti provenienti da oltralpe influenzano fortemente un’economia interna già di per se indebolita, al cospetto dei lunghi trasporti e delle non poche difficoltà logistiche. I vari moderatori ed i relatori hanno palesato infatti anche la necessità di un miglior confronto fra ditte boschive, trasformatori ed utilizzatori finali che possa portare ad un’ottimizzazione della lavorazione dei materiali. Spesso il mancato dialogo fra geometri/architetti, segherie ed anche tagliatori, si traduce di fatti in uno scarso reperimento di assortimenti utilizzabili, o ancor peggio, ad uno “spreco” di materiali che invece avrebbero potuto assumere tutt’altro pregio, specialmente nel settore della bioedilizia.

Altro aspetto molto difficoltoso che si ripercuote in tutte le filiere boschive sta nell’enorme frammentazione fondiaria sparsa in tutte le regioni italiane. Questa configurazione estremamente difficoltosa delle proprietà, specialmente in quelle private, spesso impedisce alle ditte un’effettiva operatività, questione che si traduce nella maggior parte dei casi in un fenomeno estremamente deleterio per “l’habitat castagneto”, ovvero nell’inapplicabilità dell’intervento selvicolturale.

 

Scendendo invece nelle peculiarità gestionali della specie castagno è risultato estremamente interessante vedere come alcune problematiche implicano delle emergenze diverse in ogni settore della filiera. Questioni come qualità e difetti del legno, scarsa disponibilità dei diversi assortimenti, abbandono colturale, fitopatie e danni da selvaggina, cambiamento climatico sempre più repentino, e a volte (purtroppo) anche una scarsa conoscenza tecnica degli addetti del settore, aggravano ancor più uno scenario già di per se molto complesso, tutti aspetti estremamente variabili da zona a zona.

 

Alla luce di quanto fin qui illustrato si è giunti dunque in conclusione a confluire in pochi e semplici aspetti migliorativi. Dei possibili perfezionamenti, necessariamente interagenti, che conducano ad un miglioramento gestionale dei castagneti. Dei fattori che portino ad una gestione sostenibile ed alla massima valorizzazione di un’importantissima risorsa. Tutti gli interessati, compresi i rappresentanti delle istituzioni, hanno concordato sulla necessità di alcuni adeguamenti che risolvano le attuali criticità. Ciascuna parte ha confluito sul semplice bisogno, talvolta, di districare banali inadeguatezze normative. Dell’importanza di valorizzazione delle filiere certificate e della promozione di assortimenti ben tracciati. Di misure di finanziamento integrate e ben oculate, non concepite per compartimenti stagni e che dunque taglino fuori l’una o l’altra maglia di una lunga filiera. Si è ipotizzata la creazione di linee guida tecniche, che lascino la parola agli esperti del settore in grado di assecondare i fattori ecologici della specie castagno. Ancor più si è criticato quell’accanimento di vincolistica, spesso inappropriato e inopportuno, laddove la vera tutela ecosistemica si applicherebbe in ben altro modo, sicuramente tenendo conto delle esigenze biologiche della specie in esame.

 

Fra gli altri illustri sono intervenuti:

Dott. Piermaria Corona (Direttore del Centro di Ricerca Foreste e Legno del CREA); Dott.ssa Alessandra Stefani (Cluster Italia);

Dott. Alberto Manzo (Direzione Foreste del Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste);

Dott. Paolo Mori (Sherwood);

Dott. Raoul Romano (CREA Politiche e Bioeconomia);

Dott. Roberto Zanuttini (Università di Torino);

Dott. Antonio Brunori (PEFC Italia).

 

Un enorme ringraziamento va agli organizzatori dell’evento, ed in particolare alla Dott.ssa Maria Chiara Manetti.

 

 

 

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