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Amiata-Val d’Orcia: E’ festa, torna la 1000 Miglia.

Amiatanews (Marco Conti): Amiata-Val d’Orcia 20/05/2016
Domani lo storico passaggio di Radicofani. Le auto sfrecceranno anche da Contignano in cammino verso Piazza del Campo e Parma.
Enzo Ferrari definì la Mille Miglia “la corsa più bella del mondo”.

Torna la 1000 Miglia e torna la festa in Amiata-Val d’Orcia e in buona parte della provincia senese, per lo spettacolare passaggio di quella considerata, a ragione, la più bella corsa d’auto d’epoca esistente, nata nel 1927 e definita da Enzo Ferrari “la corsa più bella del mondo”.
Sarà specialmente Radicofani, assieme a Il Campo di Siena, il passaggio più atteso con la salita verso la Fortezza attraverso gli spettacolari tornanti con vista mozzafiato sulla valle e l’Amiata. L’orario previsto dell’arrivo in paese è quello intorno alle 10, quando, le 440 vetture percorreranno la terza tappa della corsa, la Roma-Parma, in direzione dell’arrivo di Brescia.

L’edizione 2016, presentata a Ginevra all’inizio della primavera, prevede in tutto quattro tappe, percorse da ben 440 equipaggi, suddivisi in 36 nazioni in rappresentanza dei cinque continenti:
1^ tappa: 19/05/2016 Brescia -Rimini
2^ tappa: 20/05/2016 Rimini – Roma
3^ Tappa: 21/05/2016 Roma – Parma
4^ Tappa: 22/05/2016 Parma – Brescia

L’itinerario all’interno di Radicofani, prevede prevede il passaggio di Piazza San Pietro, per poi proseguire lungo il viale dei Giardini del Maccione, tra la tradizionale cornice di pubblico di contorno sia nel tratto in salita che all’interno del centro storico. La gara proseguirà nel suo itinerario, sfilando anche per il centro di Contignano, frazione di Radicofani, prima di raggiungere la Cassia e dirigersi verso Siena.

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Come sempre, molti i personaggi noti che su cimentano nella mitica corsa ed anche vetture “futuristiche”, come la BMW i8 Futurism Edition in omaggio al futurismo di inizio Novecento, e all’opera “Lampada ad Arco” dell’artista Giacomo Balla, che sarà al seguito della corsa. Su una storica BMW 328 del 1937, l’’A.D. o Sergio Solero. Anche i fratelli Marzotto, Alessandro e Sebastiano, saranno, rispettivamente, alla guida di due bellissime Lancia Aurelia B20-Gt Pininfarina 2000 del 1950 e del 1953. Presente anche Bernd Maylander, ex responsabile gruppo FCA, mentre Giolito (Emea), sarà al volante di una Fiat 508 Balilla Sport degli anni ’30

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Link utili

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Riprendiamo dall’area stampa del sito ufficiale della 1000 Miglia, la storia dal 1927 ad oggi

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1927/2016: L’AVVENTURA DELLA FRECCIA ROSSA

Ottantacinque anni di strabilianti vicende, di straordinarie emozioni, di grandi trionfi e di cocenti sconfitte, di fama e successi ma pure – negli anni bui – d’indifferenza e disinteresse. Nella storia della Mille Miglia è avvenuto un poco di tutto: più volte è stata data per spacciata e ogni volta ha saputo risorgere a nuova vita.
In questi anni il numero 7 ricorre con cadenza e precisione impressionanti. Sette è il numero fatale di una corsa nata nel 1927, ripresa nel 1947, sospesa nel 1957, celebrata con la prima rievocazione nel 1977 e tornata alla cadenza annuale, nella veste definitiva, nel 1987.
Nel 2007, infine, si è concluso il ciclo trentennale di chi l’aveva fatta rinascere: L’Automobile Club di Brescia, da sempre proprietario della Freccia Rossa, indiceva un bando per l’affidamento della corsa e del marchio, vinto da un’ATI, un’Associazione Temporanea d’impresa che l’ha gestita per cinque anni fino al 30 giugno 2012.

NASCITA DI UNA LEGGENDA.

L’amore per le grandi imprese sportive e il “gusto dell’ardimento”, che caratterizzarono gli anni Venti, contagiarono molti giovani e, tra questi, anche due rampolli della nobiltà bresciana, Franco Mazzotti e Aymo Maggi. A soli vent’anni, gareggiando in velocità con il treno, i due si recavano ogni settimana a Milano, al Biffi in Galleria, covo degli appassionati di automobilismo quali Borzacchini, Brilli Peri, Danese, Nuvolari e Varzi. Qui decisero di agire allo scopo di restituire a Brescia il ruolo, ormai perduto, che le competeva.
Brescia veniva, infatti, considerata “la culla dell’automobilismo sportivo”, grazie alle famose competizioni organizzate in passato, come la “Grande corsa su strada del 1899”, le celeberrime “Settimane motoristiche” dal 1904 al 1907, con numerose gare sul “Circuito di Brescia”, approntato nella brughiera tra Montichiari e Ghedi, tra le quali, nel 1905, la prima “Coppa Florio”.
Di questa solida tradizione, all’epoca, non restavano che i ricordi; seppur nel 1921 i bresciani avessero saputo organizzare, oltre al “Circuito del Garda”, il primo “Gran
Premio d’Italia”, sul Circuito della Fascia d’Oro (un semplice ampliamento stradale del Circuito di Brescia), la sede naturale di ogni attività in circuito divenne il nuovo Autodromo Nazionale, inaugurato dopo pochi mesi nel parco di Monza.
Da notare che a intuire il possibile successo di un impianto del genere, e a realizzarlo, fu un bresciano, Arturo Mercanti, mai perdonato dai suoi concittadini, tanto da dover in seguito competere alla Mille Miglia con lo pseudonimo di “Frate Ignoto”.
Mazzotti, 22 anni, e Maggi, 23, nel dicembre del 1926, presero contatto con Giovanni Canestrini, giornalista della Gazzetta dello Sport, e con Renzo Castagneto, uomo di innate doti organizzative e di spettacolo, segretario della costituenda sede bresciana del Regio Automobil Club.
Costituito il gruppo, poi famoso con il simpatico appellativo de “I Quattro Moschettieri”, decisero di “creare qualcosa di assolutamente sensazionale per scuotere il mondo dell’automobilismo dal torpore e ricordare le nostre (bresciane N.d.R.) tradizioni sportive”.
Una corsa su strada, dura e selettiva, con un percorso (seguendo la moda del tempo che voleva far confluire tutto nella capitale) da Brescia a Roma e ritorno. Tale percorso risultò di 1600 km, pari a 1000 miglia. Fu Franco Mazzotti, reduce da un viaggio negli Stati Uniti, a rendersene conto e a proporre quindi il nome Coppa delle Mille Miglia.
Le difficoltà e le resistenze – sia a Roma sia a Milano – furono molte; tuttavia, ogni ostacolo fu superato quando gli oppositori ricevettero una lettera nella quale, cortesemente, si chiedeva loro di collaborare con gli organizzatori della nuova corsa automobilistica. Nel 1927, nessuno poteva ignorare una gentile richiesta, se firmata dal Segretario del Partito Nazionale Fascista, il bresciano d’adozione Augusto Turati.
Esattamente tre mesi dopo la fatidica decisione, alle otto del mattino del 26 marzo 1927, Aymo Maggi prendeva il via da Viale Venezia – sulla Isotta Fraschini con il numero 1 – accompagnato da Bindo Maserati, uno dei famosi fratelli costruttori. Con loro prendeva il via la leggenda della Freccia Rossa.
Ebbe così inizio un’epopea che vide, nell’arco di trent’anni, i campioni più celebrati e le migliori vetture, confluire a Brescia per schierarsi agli ordini di Renzo Castagneto, direttore di tutte le ventiquattro edizioni della corsa.

LA MILLE MIGLIA EPICA.

Il successo delle prime edizioni fu eclatante, andando oltre le più rosee previsioni dei quattro amici, tanto da superare le molte perplessità di chi considerava la Mille Miglia pura follia, chiedendone la sospensione.
I concorrenti della prima edizione partirono con il necessario per un pernottamento, non potendo ipotizzare quanto sarebbe durato un viaggio su strade per lo più sterrate; dopo soli tre anni, nel 1930, Tazio Nuvolari completò il percorso ad una media superiore ai 100 km/h, sorprendendo anche i più scettici.
Fu il cosiddetto periodo epico della Mille Miglia, costituito dalle dodici edizioni dal 1927 al 1938 della Coppa delle Mille Miglia. Furono anni di un automobilismo eroico, in condizioni di scarsa affidabilità delle vetture e con i piloti che, accecati dalla polvere sollevata dai concorrenti che li precedevano, usavano per orientarsi i pali del telegrafo posti parallelamente alla strada.
Questo periodo fu dominato dall’Alfa Romeo che vinse dieci edizioni della corsa, con piloti quali Campari, Nuvolari, Varzi, Borzacchini, Trossi, Pintacuda e Biondetti. In due sole edizioni la casa del Biscione non conquistò il primo posto: nel 1927, con la vittoria di Nando Minoja e Giuseppe Morandi, piloti della bresciana O.M., e nel 1931, quando con teutonica determinazione la Mercedes-Benz trionfò con Rudy Caracciola, al volante della 720 SSKL, fornita di un esuberante motore da 7100 c.c.
Il primo stop avvenne nel 1939: a causa di un grave incidente avvenuto a Bologna nell’edizione del 1938, il governo proibì le corse su strada, impedendo la disputa della Mille Miglia.
La fantasia dei bresciani escogitò, pur di non rinunciare alla corsa anche nel 1940, una sorta di circuito sul triangolo Brescia-Cremona-Mantova. Mentre mezza Europa era già in guerra, su questo tracciato, da ripetersi otto volte per raggiungere le fatidiche 1000 Miglia, si disputò una gara, chiamata 1° Gran Premio Brescia delle Mille Miglia, sostanzialmente diversa nello spirito delle altre edizioni.
Su un percorso lineare e pianeggiante, quindi velocissimo, nulla poterono le pur potenti Alfa Romeo contro le velocissime e aerodinamiche BMW. A trionfare fu una berlinetta disegnata dalla Touring di Milano, capace di oltre 200 Km/h. A condurla fu Huschke Von Hanstein, che bissò il successo già riportato a Le Mans. Di rilievo, fu il debutto della Auto Avio 815, la prima vettura costruita direttamente da Enzo Ferrari, costretta al ritiro.

LA MILLE MIGLIA ROMANTICA.

Con l’ingresso dell’Italia in guerra, per alcuni anni, non si parlò più di competizioni; Maggi fu richiamato a comandare una batteria costiera, Canestrini, come capitano in aeronautica, mentre Castagneto rimase a Brescia a coordinare i trasporti in qualità di direttore dell’Automobil Club.
Il 14 Novembre 1942, un mese prima di compiere trentotto anni, il Conte Franco Mazzotti Bancinelli fu abbattuto con il suo Savoia Marchetti SM 75 nel cielo del Mar di Sicilia.
Proprio a lui, da parte dei tre amici superstiti (affiancati dal cognato di Mazzotti, Giulio Binda), fu dedicata la rinascita della corsa, che fino al 1957 si chiamerà XIV Mille Miglia – Coppa Franco Mazzotti, con il solo variare del numero romano che ne indicava l’edizione.
I problemi da superare, nell’Italia del dopoguerra, furono immani e innumerevoli, con le strade impraticabili e i ponti abbattuti. In ogni caso, il problema maggiore fu quello di proporre alla nuova Repubblica una manifestazione che, per le sue caratteristiche, era stata spesso sfruttata dalla propaganda nazionalistica di Mussolini.
Eppure, come scriveva Canestrini, “gli autentici valori sportivi non sono inquinabili dalla politica”, e l’Italia repubblicana accettò la scommessa di far rinascere la grande corsa con la stessa efficienza di un tempo, pur con gli scarsi mezzi a disposizione. La maggior parte del merito della ripartenza della Mille Miglia va ascritto all’allora giovane vicesindaco di Brescia, che l’anno successivo sarà eletto primo cittadino, carica che manterrà per tre decenni: Bruno Boni, il Sindaco della Mille Miglia.
Il clima di ricostruzione, benzina e pneumatici razionati, l’industria automobilistica in ginocchio e da riconvertire, la produzione di nuove vetture appena abbozzata, l’assenza di equipaggi stranieri, fecero sì che le Mille Miglia degli anni 1947, 1948 e 1949 potessero vantare, con poche eccezioni, contenuti tecnici modesti.
Tuttavia, o forse proprio per questo motivo, l’entusiasmo di protagonisti e pubblico fu inaudito; queste edizioni saranno ricordate come le più commoventi, tanto da far definire questi anni il periodo romantico. Protagonisti assoluti furono Tazio Nuvolari e Clemente Biondetti
Nel 1947 la vittoria arrise al bresciano Emilio Romano, che ebbe l’intuito di ingaggiare come copilota, Clemente Biondetti, che avvilito e privo di vettura si aggirava in Piazza Vittoria. La loro Alfa Romeo, una 2900 B del 1938, privata dei compressori e carrozzata berlinetta dalla Touring, ebbe la meglio sulla sorprendente Cisitalia 1100 di uno scatenato Nuvolari: solo a causa del maltempo, che sugli ultimi veloci rettilinei autostradali tra Torino
e Brescia frenò inevitabilmente la vettura del Mantovano Volante (scoperta e meno potente), l’Alfa di Biondetti e Romano (chiusa e di cilindrata quasi tripla) poté passare in prima posizione, dopo una gara tutta all’inseguimento.
L’anno seguente, il duello ebbe i medesimi protagonisti. Cinquantacinquenne, distrutto dalla morte dei suoi due figli e prostrato da una malattia polmonare, il Nivola si era ritirato in un convento di Gardone Riviera, sul Lago di Garda. Qui, pochissimi giorni prima della partenza, andò a scovarlo Enzo Ferrari, che lo convinse a partecipare a un’altra Mille Miglia. Senza aver mai provato la vettura, scoperta per permettergli di respirare più facilmente, Tazio balzò subito in testa, transitando a Roma con un distacco abissale su Biondetti. Dopo un incidente che lo costrinse a eliminare il cofano, a Bologna è sempre primo con il motore scoperto: qui, costatando quanto pilota e mezzo fossero provati, Ferrari gli implorò di ritirarsi. Nuvolari, incurante, ripartì: tutta l’Italia incollata davanti alla
radio tratteneva il respiro con lui. Ma, a Reggio Emilia, cedette di schianto una balestra: l’ultima Mille Miglia del vecchio campione finì lì, mentre Biondetti, con un’altra Ferrari 166 andava a vincere per la terza volta.
Nel 1949 il “toscanaccio” entra nella leggenda con il quarto successo, stabilendo un record di vittorie che non sarà poi neppure insidiato.

LA MILLE MIGLIA MODERNA.

Le otto edizioni dal 1950 al 1957 sono, in assoluto le più conosciute, sia perché a noi più vicine sia per la crescita dei mezzi d’informazione. Furono otto anni che videro sfilare in Piazza della Vittoria i campioni più celebrati dell’automobilismo internazionale e le vetture più sofisticate sfrecciare sotto la bandiera a scacchi di Renzo Castagneto. La Mille Miglia, in questi anni, contribuì notevolmente alla ricostruzione della rete viaria del
paese e allo sviluppo tecnologico, con canoni organizzativi non più improvvisati ma assai professionali e al passo con i tempi. Furono gli anni della consacrazione a tutti i livelli, il periodo moderno, quando Enzo Ferrari definì la Mille Miglia “la corsa più bella del mondo”.
Dal 1950 al 1953, come nei due anni precedenti, la Freccia Rossa è appannaggio della Scuderia del Cavallino. Le vetture di Enzo Ferrari sono portate alla vittoria da Giannino Marzotto, 1950 e 1953, da Gigi Villoresi, 1951, e da Giovanni Bracco, 1952.
Straordinari furono il primo successo di Marzotto e quello di Bracco.
Nel 1950, di fronte all’impressionante sfoggio di potenza delle squadre ufficiali Ferrari (con piloti del calibro di Ascari e Villoresi), Alfa Romeo (con Fangio, Bonetto e Rol), Jaguar (con Biondetti) e Frazer Nash (con Healey), non sembrava esserci spazio per gli ormai pochi piloti non professionisti.
Il giovane Giannino Marzotto, con la sua Ferrari privata di soli 155 cv, raccolse molti sfottò per l’essersi presentato alla partenza indossando un abito doppiopetto; tutti i campioni presenti, da professionisti quali erano, indossavano una tuta regolamentare. Lo stesso abito – il “dilettante” – lo indosserà ancora tredici ore dopo, quando sarà accolto come inaspettato quanto impeccabile e acclamato, vincitore. Noblesse oblige, la cravatta azzurra del Conte Marzotto è in tinta con la carrozzeria Touring della sua 195S.
Due anni dopo, nel 1952, la fama della «MM» è alle stelle; il sogno dei “4 Moschettieri” realizzato: Brescia è finalmente la capitale mondiale dell’automobilismo sportivo. Ai marchi italiani e inglesi, habitué con Aston Martin, Jaguar e Healey, si aggiungono i francesi (destinati a dominare le classi minori con Panhard e Renault) e i tedeschi con Porsche e le temibili 300 SL “prototipo” Mercedes-Benz. Tutti pronosticano Taruffi con la Ferrari o il
“vecchio” Rudy Caracciola con la 300 SL, che tenta il bis a più di vent’anni dalla sua vittoria. A sorprendere tutti è invece Karl Kling, con una 300 SL Prototipo, in testa fino agli Appennini. Sui passi Futa e Raticosa fu però Giovanni Bracco a scatenarsi nella nebbia, piombando in testa nella pianura padana per galoppare acclamatissimo vincitore fino a Brescia. Giovannino correva con la 250 riservata a Villoresi, infortunato. Non faceva però parte della squadra ufficiale e doveva pagarsi le spese. Solo dopo il ritiro di Taruffi, Ferrari impartì l’ordine di assisterlo; con le gomme nuove, il biellese compì una delle più sensazionali imprese di tutte le Mille Miglia: transitato a Firenze con circa mezzora di distacco da Kling e Klenk con la Mercedes-Benz, dopo il tratto appenninico dei Passi della Futa e della Raticosa, a Bologna aveva sei minuti di vantaggio. La leggenda vuole
che, guidando come un forsennato sulle strade viscide di pioggia, Bracco si sia scolato un fiasco di Chianti preso a Firenze. Del fatto non esiste alcuna prova: di certo, nella fotografia scattata all’arrivo, sulle spalle di chi lo porta in trionfo, il fortissimo pilota biellese beve a garganella un fiasco di vino…
Nel 1954 ecco la svolta: a battere in maniera schiacciante le Ferrari fu una Lancia, condotta da un grandissimo Alberto Ascari.
Più di cinquecento concorrenti fecero cornice, nel 1955, al duello tra Ferrari e Mercedes-Benz. La Casa di Stoccarda calò in forze a Brescia, con la vittoria quale unico obbiettivo. La squadra diretta da Alfred Neubauer, come nel 1931, non fallì, conquistando i primi due posti assoluti con le 300 SLR Sport e i primi due posti della categoria G.T. con le 300 SL. Un successo assoluto, del tutto bruciante per le Case italiane. I pronostici
furono, completamente sovvertiti; mentre tutti si attendevano Juan Manuel Fangio – che giunse nuovamente secondo – a trionfare furono due inglesi: il giovane ma già affermato pilota Stirling Moss e il giornalista Denis Jenkinson. Jenk ebbe un’idea geniale, destinata a diventare d’uso comune nelle competizioni: quella di segnare, su un grande rullo di carta da svolgere durante la gara, ogni dettaglio del percorso, potendo “chiamare le note” a Moss, così come fanno oggi i navigatori nei rallies. Il risultato fu straordinario: oltre alla vittoria, i due stabiliscono la media oraria record rimasta imbattuta, 157,65 Km/h.
La sconfitta lasciò il segno; nel 1956, Ferrari, furibondo per lo smacco subito l’anno prima, portò a Brescia cinque vetture. La Mercedes-Benz di Neubauer, convinto di poter ripetere la vittoria, schierò qualcosa come quattordici 300 SL. Gli equipaggi di punta erano quelli di von Trips e von Metternich. La vendetta del Drake fu consumata classificando ai primi cinque posti assoluti le cinque Ferrari ufficiali. Questa ventitreesima edizione sarà ricordata come la più dura, perché interamente disputata sotto un nubifragio. Eugenio Castellotti fu unanimemente esaltato per la sua straordinaria perizia nel condurre sul bagnato la nuova e difficile Ferrari quattro litri, la 290S. Purtroppo, così com’era già successo ad Ascari, Castellotti perirà tragicamente, in una banale prova, circa un anno di distanza dalla vittoria.
L’ultima edizione, nel 1957, fu caratterizzata da una vicenda romantica e da una tragica conclusione.
Piero Taruffi, “l’ingegnere”, era quasi rassegnato a non vincere mai la corsa cui teneva di più e che – per ben cinque volte – aveva condotto, sempre costretto al ritiro. Ormai cinquantenne, ripeteva alla moglie che si ritirerà solo dopo aver vinto a Brescia.
Al via si presentò con la nuova Ferrari 335, erogante qualcosa come 400 cv, un’enormità per l’epoca. Al traguardo giunse deluso per le noie meccaniche che gli avevano impedito di contrastare il dominatore della gara, l’inglese Peter Collins con l’altra Ferrari. Il boato della folla di Viale Venezia all’arrivo, appena sceso dalla macchina, e il pianto della moglie che lo baciava lo lasciarono interdetto. Incredulo, dovettero ripetergli
più e più volte che Collins si era ritirato 200 km prima, e che lui, proprio lui, aveva vinto.
Nessuno ancora sapeva che a Guidizzolo, 40 km da Brescia, Alfonso Cabeza de Vaca, 17° Marchese De Portago, Grande di Spagna e nipote del Re, dopo aver forato una gomma a circa 300 km/h era piombato sul pubblico, morendo sul colpo con il copilota e dieci spettatori.
A Roma aveva invitato l’attrice Linda Christian a prendere un aereo per andare ad attenderlo a Brescia. Tre giorni dopo il Governo decretò definitivamente la fine delle corse su strada.

LA MILLE MIGLIA INCOMPRESA.

La potenza dei motori e le velocità raggiunte erano comunque diventate troppo elevate per essere scatenate fuori da un circuito; anche senza la tragedia di Guidizzolo, la Mille Miglia di velocità su strada aperta era destinata alla conclusione. Il governo, in ogni caso, vietò da quell’anno quel tipo di competizioni su strada.
A Brescia, però, non si arresero tanto facilmente e Renzo Castagneto tentò di far rinascere la sua creatura con una formula allora poco in voga: lunghi tratti di regolarità per trasferirsi da una prova di velocità all’altra, su circuiti o strade di montagna poco frequentate ed ermeticamente chiuse.
Nessuno in città volle dargli credito. Peccato che questa formula sia esattamente quella dei moderni rally; Bruno Boni, allora sindaco di Brescia e ultimo strenuo difensore della corsa, venticinque anni dopo dichiarò: «Se avessimo dato retta a Castagneto, dandogli man forte nella sua intuizione, oggi Brescia disporrebbe di un Rally celebre quanto quello di Montecarlo».
Castagneto, ci provò nel 1958 e nel 1959, desistette nel 1960 causa la diffidenza della stampa e quindi del pubblico, ritentò caparbiamente nel 1961 e poi si arrese.
La gente voleva la vecchia Mille Miglia, questa era un’altra cosa; dopo tre discusse edizioni, di contenuto tecnico (con il senno di poi) elevato la Mille Miglia chiuse i battenti, come tutti credevano, per sempre.
Per qualche anno ancora si tentò di ridare vita alla Freccia Rossa: Castagneto inventò la “Mille Miglia del Sole”, che avrebbe dovuto essere corsa – a folli velocità – tutta in autostrada, da Brescia, a Milano, fino a Roma, Napoli e ritorno. Il progetto, che prevedeva la completa chiusura dell’Autostrada del Sole e di un tratto della A4, fu definitivamente bocciato nel 1964.
Nel 1966, Luigi Bertett, Presidente dell’Automobile Club d’Italia, propose di disputare la Mille Miglia sull’Isola d’Elba, creando un percorso da ripetere più volte. Nonostante l’entusiastica risposta delle amministrazioni dell’isola e della stampa specializzata, non si seppe più nulla.

LA MILLE MIGLIA DELLA NOSTALGIA.

Per anni a Brescia si parlò poco di Mille Miglia, come si parla poco volentieri di un bene perduto. Solo gli appassionati tenevano in vita, nel profondo del cuore, un sogno recondito.
Così la ricorrenza del 1967 passò quasi del tutto inosservata, tranne che per una garettina per auto d’epoca svolta lungo i tornanti della Maddalena, e poi fino al Lago di Garda, dal malinconico nome di “Raid delle 10 Miglia”.
Nel 1968, per il lancio della nuova berlina Alfa Romeo 1750 (che richiama nel nome la vettura che vinse le Mille Miglia del 1929 e 1930), la Casa milanese organizzò un tour rievocativo per alcune sue vetture d’epoca, seguite dai giornalisti sulle nuove automobili.
Per l’occasione, e sarà l’ultima, Renzo Castagneto indossò la sua bombetta per dare il via da Viale Venezia.
Per un altro decennio la Freccia cadde nel dimenticatoio; la crisi petrolifera, con le domeniche con circolazione a targhe alterne, faceva apparire ovunque blasfemo il parlare di corse in generale, non solo di Mille Miglia. Ma non al Musical Watch Veteran Car Club di Brescia, che in collaborazione con l’Automobile Club di Brescia, riuscì a organizzare una celebrazione per i cinquant’anni di nascita (e venti dalla conclusione) nel 1977. La
manifestazione, rievocativa, riuscì perfettamente, ma causa gli scarsi mezzi, non trovò spazio fuori dal proprio ambito. Al massimo, tutti pensavano, se ne riparlerà nel 1987.

LA RINASCITA DELLA FRECCIA.

Negli ambienti motoristici cittadini la Mille Miglia è sempre stata intesa come un patrimonio inalienabile, e l’insoddisfazione serpeggiava. Corsi e ricorsi storici, per donare nuovamente gli antichi fasti alla corsa null’altro è necessario che l’antica ricetta: un gruppo di giovani animati dalla volontà di «creare qualcosa di assolutamente sensazionale per scuotere il mondo dell’automobilismo dal torpore e ricordare le nostre tradizioni sportive» (dal dialogo di Mazzotti e Maggi con Canestrini, 1926).
A subire il fascino della “doppia emme” furono Beppe Lucchini, il Presidente del Musical Watch Veteran Car Club e della Scuderia Mirabella Mille Miglia, Vittorio Palazzani, Costantino Franchi, “novello Castagneto”, il giornalista Manuel Vigliani (scomparso nel 1993), Gino Danieli, incaricato di percorrere in lungo e in largo la penisola per tracciare il percorso, ed Enzo Ziletti, responsabile della conduzione finanziaria.
Il gruppo ottenne dall’Automobil Club di Brescia l’autorizzazione a organizzare la rievocazione della Mille Miglia, purché si assumesse ogni rischio finanziario.
Così, nel 1982, venticinque anni dopo, Piazza della Vittoria, sapientemente allestita con il materiale originale, poté assistere a un’altra punzonatura.
Esattamente come già accaduto, la nuova Mille Miglia cominciò a crescere anno dopo anno. Dopo un’iniziale cadenza biennale (1984 e 1986), dal 1987 la Mille Miglia viene disputata ogni anno a maggio. Per descrivere il fenomeno sono sufficienti alcuni dati delle edizioni di quei primi anni: 300 straordinarie vetture al via provenienti da paesi di tutti i continenti, oltre 600 domande di partecipazione, circa millecinquecento giornalisti di tutto il
mondo accreditati.
Nella seconda metà degli anni Ottanta, la Mille Miglia era tornata a essere “la corsa più bella del mondo”.
Per condurla, fu costituita una società, la Marva Srl, che ricevette dall’ACI Brescia l’incarico di organizzare la corsa e gestire il marchio, in cambio di un corrispettivo annuo.
Intorno alla Mille Miglia crebbero iniziative collaterali per celebrare la manifestazione che ha reso celebre Brescia in tutto il mondo e che sempre rappresentato, in assoluto, la maggior occasione di afflusso turistico.
Concerti, spettacoli, folklore, musica, giochi per i bambini una mostra “Frammenti di Storia della Mille Miglia”, altre mostre, fotografiche e d’arte figurativa, hanno reso per una settimana Brescia la capitale mondiale della storia dell’automobile.
La Freccia Rossa, grazie alla sua fama, non attirava gli appassionati solo a Brescia.
Dagli anni Novanta il club “Amici americani della Mille Miglia” organizza una kermesse motoristica chiamata “California Mille”. Dal 1992, in Giappone viene disputata una gara denominata “La Festa Mille Miglia” (in italiano).
La gara, con la magica Freccia come simbolo, più conosciuta e affascinante – fuori dai confini nazionali – è senz’altro la “Mil Millas Sport de la Repùblica Argentina”.
Si tratta di una coproduzione italo/argentina tra gli organizzatori della Mille Miglia italiana e alcuni appassionati argentini, che hanno ripreso, dal 1996 al 2001, la tradizione di una gara che fu disputata in Argentina, con il consenso dei bresciani, negli anni Quaranta, mentre in Europa le competizioni erano ovviamente sospese a causa della guerra. In seguito, con organizzazione tutta argentina, la Mil Millas continua tutt’oggi.
Nel 2004, nell’antico Monastero di S. Eufemia della Fonte, a Brescia, è stato aperto il Museo della Miglia, grazie a un gruppo di appassionati che finanziò il restauro del monastero e l’allestimento Museale.
L’Automobile Club di Brescia, oltre a prendere parte attiva come socio dell’Associazione che gestisce il Museo, ha messo a disposizione l’Archivio Storico della Mille Miglia, di sua proprietà. La gestione della Miglia da parte di Marva SrL terminò nel 2007, quando l’Automobile Club di Brescia decise di indire un bando per l’assegnazione quinquennale della gestione di tutte le attività contraddistinte dalla Freccia Rossa.
A vincere la gara fu un’ATI (Associazione Temporanea d’Imprese), composta da MAC Group S.r.l., Meet Comunicazione S.r.l. e Sanremorally S.r.l., che ha gestito la Mille Miglia fino al 30 giugno 2012, dopo la trentesima edizione della rievocazione storica della corsa, tenuta dal 17 al 20 Maggio.
In questi cinque anni, sotto la conduzione del Presidente Alessandro Casali e del Segretario Generale Sandro Binelli, la Mille Miglia ha proseguito il suo percorso di notorietà internazionale, grazie anche a molte presentazioni in diversi Paesi del mondo.
Nel corso degli anni, le vetture in gara, definite “museo viaggiante”, sono salite a oltre 380 con oltre un migliaio di richieste di partecipazione.
A subire poche variazioni, di anno in anno, è il percorso che – nel rispetto dei tracciati originali – continua a rappresentare una delle migliori promozioni del nostro Paese e delle sue eccellenze.
Dal 2013, l’organizzazione della gara e la gestione del marchio e delle licenze sono curate da 1000 Miglia S.r.L., società interamente partecipata dall’Automobile Club di Brescia. Le vetture al via sono salite a 435 e alla rievocazione storica è stata affiancata dal Ferrari Tribute to Mille Miglia e, dal 2014, dal Mercedes-Benz Tribute to Mille Miglia. Queste manifestazioni, con lo stesso regolamento e percorso della Mille Miglia sono riservate e vetture di Maranello e di Stoccarda costruite dal 1957 fino ai giorni nostri.
Nell’ideare la freccia rossa con la scritta bianca, allo scopo di indicare il percorso di gara, Renzo Castagneto non avrebbe certo potuto pensare che, all’inizio del terzo Millennio, il suo simbolo avrebbe continuato a indicare quella che – seppur con caratteristiche assai diverse – è ancora la “corsa più bella del mondo”, diventando un
marchio internazionalmente conosciuto e ambito.

Immagine di Marco Conti

Marco Conti

Nato nel 1962, sin dagli anni del liceo ho avuto la passione della scrittura e dell'informazione. Attivo negli anni '80-90' nel settore dell'informatica come analista programmatore e docente per corsi aziendali, successivamente mi sono occupato in proprio di consulenza e docenza nel settore dell'informatica di ufficio. Nel 2012 ho creato una piccola scuola per corsi di formazione e per la preparazione apprendisti nel settore della pelletteria. Dal 2009 sono titolare di IT 2000 di Marco Conti che si occupa di formazione, comunicazione, consulenza e forniture di informatica e ufficio. Nel 2011 ho concretizzato la passione per l'informazione fondando Amiatanews, periodico on line autorizzato dal Tribunale di Siena. Ho anche collaborazione con NTi Ch 93 di Chianciano Terme. All'informazione dedico una parte significativa della mia giornata utilizzando prevalentemente strumenti digitali per i servizi.

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