“La geotermia toscana è una risorsa rinnovabile e a zero emissioni di gas serra. La buona notizia arriva da due studi coordinati dai professori Alessandro Sbrana e Paola Marianelli del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa e pubblicati sulle riviste “Energies” e “Journal of Volcanology and Geothermal Research”. Con questo comunicato l’ateneo pisano, tre anni fa dette conto dell’esito delle ricerche che furono presentate in un workshop organizzato da Enel Green Power. Giovedì si terrà un incontro pubblico ad Abbadia San Salvatore (ore 21, Macchia Faggeta) al quale parteciperà il presidente della Regione, Eugenio Giani. Il tema è quello del rinnovo delle concessioni geotermiche alla luce del nuovo piano presentato da Enel Green Power. L’incontro è stato sollecitato dai Comitati NO geotermia che da anni manifestano la loro contrarietà allo sfruttamento geotermico.
Nel comunicato che venne pubblicato dall’Università di Pisa, questa la sintesi delle ricerche illustrata dal profe4ssor Alessandro Sbrana:“Abbiamo ricostruito le emissioni di CO2 precedente alla produzione geotermoelettrica – spiegava il professor Sbrana – dai dati appare evidente che le emissioni delle centrali geotermoelettriche abbiano sostituito quelle naturali. La riduzione delle emissioni naturali, che segue l’entrata in esercizio di una centrale geotermoelettrica, è infatti del tutto equivalente alle emissioni della centrale stessa, quindi l’impatto netto è nullo. “Lo sviluppo della geotermia può contribuire al contenimento delle emissioni climalteranti e alla transizione ecologica – conclude Sbrana – a maggior ragione se si considera che la geotermia rappresenta una ricchezza anche dal punto di vista termico per l’utilizzo del calore che fornisce riscaldamento ed acqua calda a case, esercizi commerciali, aziende artigianali ed agricole”.
Il professor Sbrana approfondì poi le tematiche scientifiche più direttamente connesse all’Amiata, in una intervista a Green Report (autore, Luca Aterini, 1° ottobre 2021). Eccone un estratto:
«Negli ultimi anni sono state eseguite in Toscana prospezioni esplorative di flusso di gas (CO2) dal suolo per l’individuazione di risorse idrotermali geotermiche estese a decine di Km2 di superficie; questa metodologia impiega la cosiddetta camera di accumulo (inventata nel nostro Paese) che, posizionata al suolo attraverso un sensore di misura ad infrarossi, consente la analisi della CO2 nella camera ed infine la misura del flusso di gas che fuoriesce dal suolo stesso grazie al progressivo aumento della concentrazione del gas nel tempo nella camera di accumulo.
L’analisi dei dati di flusso di gas dal suolo consente di delimitare le zone dove nel sottosuolo sono presenti serbatoi geotermici. I risultati ottenuti hanno evidenziato che il processo di degassamento diffuso dal suolo è molto intenso con emissioni di decine di tonnellate al giorno di gas emessi dal suolo e hanno stimolato a cambiare la tipologia di misura dei flussi di gas naturali, da aree di piccolissima dimensione ad aree di grande dimensione, per quantificare in maniera più possibile accurata il degassamento superficiale complessivo dell’area vulcanica geotermica del Monte Amiata.
Questo studio, in un arco temporale di due-tre anni, ha consentito di produrre il primo lavoro scientifico pubblicato su una rivista internazionale prestigiosa dedicata a vulcani e geotermia, Journal of Volcanology and Geothermal Research. Questa pubblicazione del 2020 riporta i dati di misura eseguiti su un’area di 225 Km2 con una densità di punti di misura di 12 punti per Km2 e una spaziatura di 250 m tra un punto e l’altro per un totale di 2482 punti di misura.
Il risultato della ricerca è che nell’area vulcanica geotermica del Monte Amiata avviene l’emissione di 13.275 tonnellate/giorno di CO2 dal suolo per emissione diffusa; aggiungendo le numerose emissioni concentrate di gas esistenti sul territorio e l’emissione da tunnel e discenderie di miniere di mercurio e da sorgenti termali ricche in CO2 si raggiunge una emissione totale di 13.350 tonnellate/giorno per l’intera zona di prospezione di 225 Km2 .
L’origine della CO2 è in parte organica biologica e deriva dalla produzione di questo gas legata a batteri, microorganismi, radici di piante presenti nel suolo, quindi molto superficiale: in Amiata la CO2 bio è stata quantificata in circa 4746 tonnellate/giorno.
In buona parte questo gas è invece di origine profonda, legata al degassamento della camera magmatica del Monte Amiata ed ai corpi magmatici intrusivi e alle aureole termometamorfiche ed in parte è di origine mantellica. Questa CO2 profonda non ha nulla a che vedere con la geotermia ma si forma naturalmente nella crosta terrestre per le reazioni che modificano le rocce, carbonati e rocce ricche in carbonio (grafite) sottoposte a temperature magmatiche (800-1000 °C) che generano a profondità superiori a 3-5 Km CO2. Questo gas risale naturalmente in superficie perché la permeabilità delle rocce superficiali non consente il confinamento del gas in profondità, mentre la forte anomalia termica legata al sistema di alimentazione del vulcano posizionato a circa 5 Km di profondità, riscaldando le acque, consente lo sviluppo di celle convettive che trasportano gas e calore verso la superficie.
Lo studio ha permesso di quantificare questa CO2 profonda in 8.529 tonnellate al giorno. La emissione di CO2 delle centrali geotermiche è di 1.849 tonnellate al giorno (misure ambientali di sorveglianza di ARPAT degli impianti produttivi relative al 2018). La semplice comparazione del flusso emesso dal sistema integrato delle centrali di Piancastagnaio e Bagnore – comprendente impianti di superficie, pozzi perforati nel serbatoio geotermico profondo e serbatoio geotermico convettivo ad alta temperatura – evidenzia quindi che il flusso naturale di CO2 su tutta l’area vulcanica geotermica è enormemente superiore all’emissione delle centrali.
Dobbiamo anche rimarcare che negli impianti di superficie (turbine, generatori elettrici, sistema di condensazione del vapore ed impianto AMIS di abbattimento dei composti dannosi per l’ambiente) non viene prodotta CO2 perché non avviene nessuna combustione; la CO2 è semplicemente veicolata come detto dalla zona di produzione profonda alla superficie; il gas arriva al serbatoio/i geotermico/i risalendo dalle zone ancora più profonde >4 Km dove si genera per effetto delle altissime temperature del magma sulle rocce incassanti e dai sistemi magmatici ancora più profondi incluso il mantello terrestre.
Descritta l’importante novità relativa al flusso di gas naturale, passiamo a rispondere al quesito cruciale posto relativo alle relazioni individuate tra flusso naturale di gas dal suolo e produzione di energia geotermoelettrica. Questo aspetto è stato affrontato nella pubblicazione “Analysis of natural and power plant CO2 emissions in the Mount Amiata volcanic geothermal area reveals sustainable electricity production at zero emissions” pubblicato il 2 agosto 2021 sulla rivista internazionale “open access” Energies.
Il nuovo lavoro si basa sui dati del paper 2020 e su una nuova campagna di misure, che amplia lo studio ad un’area di 280 Km2 con 3208 misure di flusso che è stata progettata per circoscrivere le aree di anomalia di flusso elevata di CO2 dal suolo. Sono state delimitate 4 aree di degassamento molto elevato: Bagni San Filippo e Campiglia d’Orcia, Fiume Paglia, Piancastagnaio e Bagnore, tutte periferiche al massiccio vulcanico del Monte Amiata.
Il valore totale del flusso naturale di gas dal suolo su 280 Km2 di area investigata è stato stimato in 17.934 t/g (tonnellate al giorno) con un flusso di CO2 profonda di 11.037 t/g; le centrali veicolano dal serbatoio geotermico alla superficie 1418 t/g. L’emissione dalle centrali rappresenta quindi soltanto il 7,9% del flusso totale in atmosfera di gas.
Quindi in sintesi il primo risultato molto importante per il dibattito in corso sulla geotermia è che, se teniamo presente lo stato naturale delle emissioni dalla crosta terrestre in quest’area, l’emissione dalle centrali appare essere quasi irrilevante. D’altra parte l’Amiata è parte integrante di una delle aree a maggiore flusso di CO2 del mondo.
Ma un risultato ancora più rilevante deriva dall’analisi dei dati sperimentali misurati. La normalizzazione per area espressa in tonnellate emesse per Km2 nelle aree a degassamento anomalo evidenzia che le emissioni più elevate di flusso naturale di CO2 dal suolo sono state individuate in Bagni San Filippo e Fiume Paglia, 115 e 103 t/gKm2, seguono con valori nettamente inferiori le aree dei campi geotermici di Piancastagnaio e Bagnore con 59 e 44 t/gKm2. Se aggiungiamo ai valori di flusso dal suolo l’emissione dalle centrali geotermiche normalizzate relativamente all’area dei serbatoi coinvolti nel sottosuolo nel drenaggio di gas da parte dei pozzi profondi, i valori si attestano praticamente sulla stessa emissione di gas. La conclusione è che nelle 4 aree a maggiore emissione individuate nello studio le emissioni sono quasi identiche.
Questo ha suggerito agli autori dello studio che nel sottosuolo dell’Amiata esiste in profondità un processo che genera la stessa quantità di CO2 per unità di area con un valore medio di circa 108 t/gKm2. Nelle aree geotermiche il flusso naturale superficiale dal suolo è praticamente dimezzato; quindi dove i pozzi profondi estraggono il fluido geotermico, compresa la CO2, il flusso naturale viene drasticamente ridotto e con esso l’immissione naturale in atmosfera di gas. Questo è l’effetto dell’utilizzazione dei fluidi per produzione di elettricità: si osserva una sostituzione delle emissioni naturali superficiali da parte di quella dei pozzi che viene rilasciata dalle centrali geotermiche. Inoltre, come noto, la gestione sostenibile del serbatoio geotermico viene realizzata con la reiniezione della condensa (acqua) del vapore geotermico privo di gas che rientra in circolazione nel serbatoio. Questo progressivamente riduce il rapporto tra gas incondensabili e vapore, aspetto molto evidente nell’area tradizionale di Larderello dove la geotermia è attiva da oltre un secolo. Il risultato è che progressivamente la quantità di CO2 emessa in atmosfera nelle aree geotermiche in utilizzazione diminuisce e diminuirà ancora nel tempo.
La conclusione più rilevante di questa ricerca per il futuro della geotermia toscana è che la produzione geotermoelettrica deve essere considerata ad emissioni zero perché non produce nuova CO2 nel ciclo produttivo, ma semplicemente movimenta CO2 generata in buona parte dal magmatismo profondo al di sotto dei campi geotermici e l’emissione dalle centrali è largamente compensata dalla diminuzione nell’emissione naturale dai suoli. La produzione di energia elettrica con il ciclo produttivo attualmente utilizzato induce la diminuzione drastica delle emissioni di gas serra.
Inoltre, la CO2 profonda visto lo stato di fratturazione e termalismo dell’area sarebbe comunque emessa in superficie nella quantità che le misure di flusso nelle aree indisturbate da attività umana mostrano nel nostro studio. La ricostruzione delle emissioni presenti nell’800 nella Valle del diavolo a Larderello realizzata sulla base della quantità di acido borico estratto dai lagoni precedente all’utilizzazione geotermica dimostra lo stesso processo che questo studio ha messo in evidenza, basato su una tipologia di dati completamente diversa, le misure dal suolo di gas attuali in aree in utilizzazione geotermica e in aree vergini dello stesso sistema geotermico al Monte Amiata».