Da fortezza militare a luogo dove l’arte si affranca da ogni condizionamento e diventa gioco nell’essenza più vera della cultura, che è quella di liberare la mente. Succede a Piancastagnaio, dove la Rocca Aldobrandesca si erge fiera da secoli e secoli, e che adesso, fino al 30 aprile 2025, ospita la mostra di arte contemporanea “Ludus, la maschera e la vertigine”. Nelle solide mura della Rocca, quasi all’altezza del torrione, da alcune settimane è collocato un piccolo aereo, che a guardar bene è più un areoplanino, un gioco – appunto – di un bambino. Ed è guardando in alto che si prende subito coscienza dell’invito a scoprire la Rocca nella nuova dimensione di spazio culturale non solo espositivo. Si entra, quindi, già immersi nello spirito della rassegna, grazie a quell’areoplanino che pare incastrato nelle storiche mura. È un’opera di Stefano Corti: “Mi sono immaginato un bimbo che giocava nella piazza – spiega l’artista – col suo aeroplanino di carta con il quale tutti noi abbiamo giocato da piccoli, che si va a scontrare con la parete verticale della torre e finisce, con la punta conficcato nella roccia della fortezza. L’elemento fragile realizzato originariamente in carta, di colpo acquista forza e diventa simbolo di attualità, ci ricorda le tragedie che attraversano ogni epoca; così come la gioia nel giocare, si infrange e si può interrompere in un attimo”.
Il percorso espositivo si sviluppa in altezza per i quattro piani della Rocca, fino alla liberatoria terrazza posta sulla sommità. Da lassù si domina la vallata che si sviluppa ai piedi del Monte Amiata e la vista è straordinaria: sul fronte opposto della vasta conca si erge un’altra Rocca, quella di Ghino di Tacco, a Radicofani. Spiega Alessandro Bellucci, curatore dell’esposizione: “Con “Ludus – La maschera e la vertigine”, la Rocca Aldobrandesca si trasforma in un laboratorio di pensiero, dove il passato e il presente si incontrano per offrire una nuova visione del gioco. Come l’arte, il gioco non è solo intrattenimento: è uno spazio di scoperta e sperimentazione, che invita il visitatore a mettersi in gioco, diventando parte integrante dell’esperienza”.
La mostra si snoda in diversi spazi della Rocca, supportata da un’ottima disposizione delle luci curata dal giovane Jacopo Bellucci: risultano perfettamente illuminate le opere collocate in tre ambienti della prigione, sette stanze distribuite sui quattro piani della torre e la terrazza panoramica che chiude il percorso. Una cinquantina le opere in mostra di quasi quaranta artisti: “Ludus – spiega l’assessore alla cultura Pierluigi Piccini – non è solo un a mostra, ma un’esperienza che crea ponti tra l’arte e chiunque voglia avvicinarsi ad essa. È un invito a superare le barriere, ad esplorare, a giocare e scoprire il mondo dell’arte contemporanea in modo coinvolgente e stimolante”
Non una mostra spot, tantomeno preconfezionata, ma pensata e proposta come l’avvio di un percorso. L’esposizione si inserisce infatti nella rassegna “AM[i]ATA ARTE, culture contemporanee”, il cui vessillo è posto sulla grande terrazza panoramica della Rocca. Come a significare la conquista di quello spazio alla cultura, del tutto affrancato dal dolore di antiche guerre e tormentate prigioni. Così, ogni anno, da novembre a dicembre, il comune di Piancastagnaio proporrà una mostra tematica e eventi culturali che si svolgeranno durante la mostra: “Con un’attenzione particolare al territorio e alle scuole – spiega Piccini – per coinvolgere un pubblico ampio e multigenerazionale, avvalendosi di didascalie parlanti che offriranno una lettura accessibile e formativa delle opere, con l’obiettivo di stimolare il pensiero critico, una riflessione personale e di alleviare quella sensazione di smarrimento che si può provare di fronte a un’opera contemporanea”-
In effetti i cartellini sulle opere aiutano ad accendere il dialogo tra il pensiero del visitatore e le intenzioni dell’artista. Fin dall’esposizione del libro che rappresenta la cornice culturale dell’esposizione: “L’ispirazione del progetto – spiega Alessandro Bellucci – proviene dai quattro pilastri del gioco teorizzati da Roger Caillois nel saggio “I giochi e gli uomini”: agon, alea, mimicry e ilinx – competizione, azzardo, maschera e vertigine. Questi concetti guidano una riflessione sul gioco come metafora delle dinamiche sociali, culturali e umane, oltre che come attività ludica. Un punto centrale del progetto è il legame tra ludico e tragico. Il gioco, specialmente nella sua dimensione agonistica, può evocare tensioni e conflitti. La Rocca, con la sua storia di guerre e prigionia, amplifica questa contraddizione, trasformandola in un’occasione per riflettere su come il gioco possa rappresentare tanto un momento di svago quanto un’espressione delle dinamiche umane più complesse”.
Appena si entra nella Rocca, ecco la prima destrutturazione simbolica: gli orridi stendardi nazisti che accompagnavano le adunate oceaniche di Hitler sono qui esposti liberati da ogni tetra funzione. Invece della svastica, campeggia una scritta: “Go with your gut!” che significa “Seguite il vostro istinto”, cioè il contrario di quella passiva adesione alla ferocia del dittatore. L’artista è Stefano Boring.
Tante le suggestioni che vengono dalle opere in mostra: a cominciare dall’omaggio a Vettor Pisani, morto suicida nel 2011, tra gli artisti più rappresentativi del panorama italiano. Ma tutti gli artisti meriterebbero la citazione, per i messaggi che traspaiono dalle loro opere. Ecco i loro nomi: Giorgia Accorsi, Paolo Angelosanto, Jacopo Bellucci, Dominic Blower, Saverio Bonelli, Stefano Boring, Polly Brooks, Mario Consiglio, Stefano Corti, Luca Costantini, Mirco Denicolò, Bruna Esposito, Liu Feng, Danilo Fiorucci, Gigi Fucchi, Benedetta Galli, Riccardo Gemma, Emanuele Giannetti, Fabio Giorgi Alberti, Gabriele Landi, Gianni Lillo, Irene Lupi, Serenella Lupparelli, Mimmo Manes, Miltos Manetas, Marco Montanari, Rinaldo Novali, Carole Peia, Vettor Pisani, Carlo Pizzichini, Sofia Ricciardi, Stephen Roach, Sophia Ruffini, Alessandro Secci, Yu Wang, Cai Xinmeng, Xu Zhenglong.
Qualche citazione è indispensabile, a cominciare dal simbolico e concreto invito al gioco, dell’opera “Vuoto / Pieno” di Wang Yu: il campo di gara è una tela bianca appena alla parete in cui lanciare cubi con una superficie adesiva. Difficile farli rimanere attaccati. Bellissimo il collage di seta su garza di Rinaldo Novali. Colpisce per la sua imponenza – con un’altezza di oltre sette metri – ma al contempo si distingue per la sua leggerezza e discrezione. A uno sguardo attento, appare come una serie di grandi aquiloni a riposo. L’iconografia è composta da forme astratte e da alcune tracce figurative realizzate con stoffa colorata. Tra queste, si distinguono due uccelli: un pappagallo, forse appollaiato su una linea grigia al vertice dello stendardo, e più in basso un colibrì in volo, con una lunga coda colorata che si muove sotto un’asta blu.
“I sassi cantori”, opera di Bruna Esposito, ci collegano direttamente al cuore della terra. I sassi utilizzati nell’installazione provengono dallo strato geologico presente nel sottosuolo di Siena e si trovano facilmente in aree caratterizzate da sbalzi o calanchi, formati da squarci o squilibri naturali. Su ciascun sasso è applicato un campanello cantore, che si manifesta con un gioioso tintinnio quando il sasso, dalla forma arrotondata, si muove in risposta alla sua instabilità.
Inquieta e fa riflettere “From A to B” di Fabio Giorgi Alberti: due biciclette da bambino sono saldate insieme sostenute da un cavalletto che le mantiene in equilibrio. Quella bicicletta non porterà mai da nessuna parte, perché non ha pedali, non ha sellino. Resterà ferma, immobile, a ricordare il gioco, ma anche certe fasi della nostra vita in cui si fa fatica a individuare la giusta direzione.
“La scelta della Rocca Aldobrandesca come sede espositiva non è casuale – sottolinea il curatore Alessandro Bellucci – questa imponente struttura del XV secolo, storicamente legata alla difesa e alla prigionia, si trasforma in un contenitore culturale che amplifica il dialogo tra passato e presente”. È in fondo, lo stesso messaggio che viene dalla montagna amiatina. Proprio ai piedi della Rocca, sono esposti i carrelli che usavano i minatori penetrando nelle gallerie. Un passato di fatica, che ora lascia spazio ad un presente difficile, ma segnato dalla speranza nel futuro. E in questi giorni di festa questa mostra che invita al gioco e fa riflettere sulla serena profondità del “ludus”, è un richiamo da accogliere, concedendosi poi alle altre suggestioni di Piancastagnaio.
Daniele Magrini